Tutela del consumatore, il vademecum della Cassazione.

La Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 07.02.2022 n. 3695, è tornata ad occuparsi dell’argomento della tutela del consumatore, croce e delizia di chi si trovi nella sventurata, ma non poi così rara, circostanza di imbattersi nell’acquisto di un bene che presenti, prima o dopo, difetti di conformità.

La disciplina generale, introdotta dalla direttiva Europea n. 1999/44/CE sulle garanzie dei beni di consumo, è stata attuata in ambito domestico con il  D.Lgs. n. 206 del 2005 (cd. codice del consumo) il cui art. art. 129 prevede che il venditore sia responsabile nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene, purché tale difetto si manifesti entro il termine di due anni dalla consegna.

Il venditore deve infatti garantire il consumatore che il prodotto consegnato sia “conforme” al contratto di vendita,  ovvero:

  • integralmente corrispondente a quanto descritto o promesso, anche nella pubblicità;
  • idoneo all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo, ma anche agli usi specifici eventualmente indicati dal consumatore al venditore;
  • che presenti qualità e prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi.

In presenza di un difetto di conformità, il consumatore può esperire, nei confronti del venditore, i  rimedi contemplati dall’art. 130 del codice del consumo, i quali, per espressa volontà dello stesso legislatore, si presentano come graduali, cioè articolati in forza di un ben preciso ordine gerarchico:

1) riparazione / sostituzione del bene.

Dopodiché, per quanto anche affermato dalla Suprema Corte: ove la sostituzione o riparazione del bene non siano state impossibili né siano eccessivamente onerose, il consumatore, scaduto il termine congruo per la sostituzione o riparazione, senza che il venditore vi abbia provveduto, ovvero se le stesse abbiano arrecato un notevole inconveniente, può agire per la riduzione del prezzo o per la risoluzione del contratto, pur in presenza di un difetto di lieve entità”, potendo quindi, soltanto a quel punto, esperire i seguenti cc.dd. rimedi secondari, consistenti appunto nella:

2) riduzione del prezzo / risoluzione del contratto.

Del resto, con riferimento alla riparazione e alla sostituzione del bene, l’arresto giurisprudenziale in commento ha sancito che: “La riparazione e la sostituzione di un bene non conforme devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore”.

Resta in ogni caso fermo il principio secondo cui il consumatore decade dai propri diritti se il difetto di conformità – presentatosi entro i due anni dalla consegna del bene – non viene denunciato al venditore nel termine di due mesi, decorrente dalla data della scoperta.

A tal riguardo la Suprema Corte, ha precisato che:  La denunzia dei vizi da parte del consumatore, anche ai sensi del Codice del Consumo, può essere fatta con qualunque mezzo che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati”.

Quanto appena sopra affermato si traduce in un particolare favor verso il consumatore il quale non viene peraltro gravato dell’onere di fornire né la prova e né la causa del difetto da cui ritiene affetto il prodotto.

Risulterebbe, per il vero, eccessivamente oneroso per il consumatore, avuto riguardo la sua posizione di inferiorità rispetto al venditore, guadagnarsi l’accesso alle informazioni sulle qualità del bene, sui dati tecnici del prodotto e sullo stato in cui esso è stato venduto, incontestabilmente nella più agevole disponibilità del venditore.

A maggior ragione l’art. 132, comma 3, del Codice del Consumo prevede che, più in particolare, i difetti di conformità manifestatisi entro sei mesi dalla consegna del bene si presumono sussistenti già a tale data.

Prendendo le mosse da tale dettato normativo, il Supremo Collegio, con la pronuncia in commento, ha enunciato il seguente principio di diritto: “Si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data sicché il consumatore deve allegare la sussistenza del vizio mentre grava sul professionista l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita.

La ratio di tale principio è quella di ricomprendere il difetto presentatosi nel periodo infra-semestrale ad una presunzione iuris tantum, superabile attraverso una prova contraria incombente sul venditore.

In questo modo la posizione del consumatore beneficia di un’indubbia agevolazione probatoria per il consumatore il quale dovrà allegare esclusivamente la sussistenza del vizio, gravando invece sul produttore l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita.

Superato il suddetto termine, per tutti i difetti di conformità manifestatisi dai sei mesi ai due anni dalla consegna, trova nuovamente applicazione la disciplina generale dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., essendo il consumatore onerato di fornire la prova che il difetto fosse presente ab origine nel bene, nel senso che che il vizio denunziato non possa qualificarsi come sopravvenuto ma dipendere da cause riconducibili alla non conformità del prodotto.