L’esercizio del meretricio è attività economica lecita che non può essere ostacolata se non attraverso normativa statale.
La recente ordinanza n. 4927/22, pubblicata il 15.02.2022 dalla Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione si impone alla ribalta del nostro osservatorio in materia di sanzioni amministrative.
Non è infatti revocabile in alcun dubbio come la pronuncia in commento non tarderà a produrre effetti su tutte quelle amministrazioni che si sono prefissate gli obiettivi di mantenimento del decoro urbano – in particolare di contrasto del fenomeno della prostituzione su strada – attraverso la scelta di dotarsi di appositi Regolamenti di Polizia Locale.
La vicenda prende le mosse da una contravvenzione irrogata dagli agenti del Corpo di Polizia Locale del Comune di Brescia nei confronti di un automobilista sorpreso ad accogliere a bordo della propria autovettura una persona, di sesso femminile, dedita all’attività di meretricio su strada, per asserita violazione dell’art. 7, comma 1, lett. u) del Regolamento di Polizia Locale.
Successivamente l’automobilista riceveva a casa la notifica dell’ordinanza ex art. 18 L. 689/81, in forza della quale si vedeva ingiungere, ai sensi dell’art. 67 del Regolamento di Polizia Locale, il pagamento della sanzione per € 500,00.
L’automobilista impugnava, quindi, l’ordinanza-ingiunzione, proponendo rituale ricorso dinanzi all’Ufficio del Giudice di Pace di Brescia il quale, previa disapplicazione del Regolamento Comunale di Polizia Locale, annullava l’ordinanza ingiunzione, rilevando altresì l’insussistenza di prove sufficienti a dimostrare l’elemento soggettivo sotteso alla condotta sanzionata.
Il Comune di Brescia appellava la precitata decisione dinanzi al Tribunale di Brescia ma il gravame veniva rigettato, con conseguente conferma della sentenza resa dal Giudice di Pace.
Il Giudice di secondo grado evidenziava, infatti, il conflitto della previsione regolamentare (Regolamento di Polizia Locale) con una norma di tipo primario atteso che la prostituzione, sebbene contraria al buon costume, non costituisce attività’ illecita ed è pertanto preclusa la possibilità di porre regole che creino ostacolo e/o intralcio allo svolgimento di tale libertà di iniziativa economica, se non in forza di leggi statali.
A fortiori venivano riportati i principi affermati dalla sentenza n. 115/2011 della Corte Costituzionale che aveva sancito l’incostituzionalità del Decreto Legislativo n. 261 del 2000, articolo 54, comma 4, come sostituito dal Decreto Legge n. 92 del 2008, articolo 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 125 del 2008, articolo 1, comma 1, nella parte in cui consentiva al Sindaco di adottare provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciavano la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità ed urgenza.
Inoltre, osservava l’adìto Tribunale come il Sindaco sarebbe incorso nel vizio di eccesso di potere, avendo questi, sulla base delle facoltà riconosciutegli dalla normativa del Codice della Strada, emesso un provvedimento riguardante, invece, l’ordine pubblico.
In particolare l’amministrazione comunale ha fatto ricorso ad un provvedimento apparentemente finalizzato alla regolamentazione della circolazione stradale di autoveicoli (onde evitare intralci alla stessa mediante l’imposizione del divieto di fermata ex artt. 6 e 7 C.d.S.), all’unico fine di vietare (rectius ostacolare) il meretricio sessuale, con estensione della misura, e tale aspetto e’ ancor più decisivo, in modo indiscriminato su tutto il territorio del Comune.
La Corte di Cassazione ha concluso affermando che l’attività’ di meretricio non e’ illecita e, anzi, rientra nelle attività economiche, per cui non può essere vietato l’esercizio, se non attraverso una normativa statale (cfr. sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea 20.11.2001 causa C-268/99).
Da ciò discende che il Comune non ha il potere di ostacolare un’attivita’ che non può considerarsi illecita, adducendo che si vuole tutelare la sicurezza del cittadino, in quanto si deborderebbe in una competenza esclusiva dello Stato a cui gli Enti locali non possono sostituirsi.
Ciò, a maggior ragione, allorquando, ben lungi dal riguardare provvedimenti urgenti e contingenti, necessari a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano la sicurezza urbana, si verta in provvedimenti di contenuto normativo con efficacia a tempo indeterminato che mirano a supplire all’inerzia dello Stato nell’affrontare fenomeni annosi e strutturali, come quello della prostituzione, la cui disciplina e regolamentazione appaiono di scomoda soluzione per ogni parte politica.